Ancelotti: “I demoni ci sono nel calcio e nella vita, a Napoli no. Questa città è un paradiso”

[df-subtitle]Ancelotti: nello sport spesso c’è la tendenza a non godersi il momento, invece bisogna festeggiare per godersi il momento[/df-subtitle]
Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli, nel corso della presentazione del libro ‘Demoni’, del giornalista Alessandro Alciato, ha parlato delle proprie esperienze personali legate ai ‘demoni’ come quelli descritti nel libro: dal razzismo subito da ragazzo da Balotelli, alla depressione di Buffon, i problemi al cuore di Cassano, allo stress di Sacchi.
Queste le sue parole:
“I demoni ci sono nel calcio e nella vita, ma qui a Napoli no. A Napoli si sta da dio, questa città è un paradiso Comunque è importante saper gestire lo stress. E’ una cosa che ci accomuna tutti, ma se lo sappiamo riutilizzare può diventare energia” – ha affermato Ancelotti riferendosi alla storia di Arrigo Sacchi, che a un certo punto ha deciso di lasciare la carriera da allenatore a causa dello stress: “Era un allenatore che pretendeva molto dagli altri, ma soprattutto da se stesso. Lo stress riguarda tutti, ma dobbiamo riuscire a gestirlo. Chi lo gestisce bene lo trasforma in energia.
Io ora sto bene, mi piace quello che faccio, il giorno che sentirò che lo stress non diventa gestibile lascerò. I demoni nel calcio? Per un allenatore lo può essere il calciatore egoista, poco professionale, ma adesso è abbastanza professionale, molto di più di quando giocavo io”. Parlando di se stesso, Ancelotti ha spiegato: “La finale persa a Istanbul – ha detto – contro il Liverpool non la considero un demone.
E’ l’episodio di un percorso con cose positive e negative ma, se devo scegliere, mi rimangono addosso le notti di Champions del 2007 e del 2003; ho cercato di farmi rimanere poco addosso il 2005. Nel calcio spesso si dice che non bisogna festeggiare le vittorie, ma pensare alla partita successiva, invece si devono festeggiare le vittorie. Nello sport spesso c’è la tendenza a non godersi il momento, invece bisogna festeggiare per godersi il momento.
Il mestiere che facciamo oggi ci diverte, la gestione di un gruppo è allo stesso tempo complesso e semplice -prosegue Ancelotti come riporta NapoliMagazine- Devi lavorare ogni giorno con gli uomini che hai a livello personale e sportivo per far emergere le qualità di un calciatore o di un membro dello staff.
Shevchenko e Inzaghi erano due uomini completamente diversi, ma spesso giocavano insieme, il rapporto individuale che avevo con loro è stato diverso. Non ho mai trovato calciatori egoisti, superficiali o poco professionali. Oggi, poi, tutti sono ottimi professionisti, molto più di quando ero calciatore io. Le luci della ribalta tante volte nascondono delle difficoltà che hanno tutti i personaggi al centro dell’attenzione. Nel mio mestiere si ha a che fare con tante persone, spesso ragazzi giovani con poca esperienza e quando sei giovane le difficoltà sembrano ancora più grandi. Lo spogliatoio per noi diventa un luogo sacro in cui ci si confronta come uomini. Nella vita e nel calcio le sconfitte dobbiamo considerarle opportunità per crescere.
Non è facile, ma è la strada giusta. Ibrahimovic? L’immagine che dà di sé è completamente diversa da quella che regala nello spogliatoio. La vicenda vissuta da Kaladze è stata per noi molto particolare in quegli anni al Milan, ci ha mostrato sempre molta dignità e dal punto di vista professionale è stato perfetto. Aveva in testa Levan ma con noi giocava e vinceva le competizioni più importanti.
Quando si venne a sapere che era morto c’era una gara importante per gli ottavi di Champions contro il Bayern Monaco, noi pensavamo che la persona venisse prima del calciatore ma lui non ebbe dubbi e scelse di restare con noi. Nella mia carriera da calciatore ci son stati momenti di difficoltà quando arrivava un infortunio. Ma non mi sono mai fermato troppo a pensare, ero giovane e incosciente, tutto mi ha aiutato a crescere. Le sconfitte ce le sentiamo addosso ogni volta, ma la vita è piena di problemi molto più gravi di una partita di calcio”.