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Qui non è Harvard: Milan, cronaca di un disastro annunciato

Anthony Ferrara
Voto al mercato del Milan

Milan, una stagione che va a picco in Serie A per scelte estive sbagliate che persistono; con supponenza e poco calcio, ma non è Harvard

MILAN HARVARD– Una sconfitta che costituisce la cartina tornasole di un progetto inesistente, nato male e che rischia seriamente di essere mandato al Diavolo già da mesi. Sarebbe sufficiente guardare la classifica per comprendere la gravità di una situazione che non può riguardare solamente il rettangolo verde, ma di un programma ricco di nefandezze e negligenze espresso, talvolta, con supponenza e superficialità. Certo, quello della mentalità di un gruppo che sembra completamente sfaldato e correre a gare alterne, solo quando l’esposizione mediatica è importante (Real Madrid, Derby o SuperCoppa Italiana) è un tema sicuramente rilevante e rimarcato dal nuovo allenatore, Conceicao, chiamato a risollevare una prima parte di stagione piena di contraddizioni e polemiche. Il Milan cade anche a Torino contro una Juventus che ha ampiamente meritato di vincere, ma i problemi emersi sul campo si riflettono anche, e soprattutto, tra gli uffici della sede del club. 

Milan, visto Conte? Una risposta netta e incontrovertibile, sul campo

La scelta di puntare su un allenatore come Paulo Fonseca si è rivelata fallimentare, con tanto di dichiarazione pubblica sulla volontà di affidare il progetto tecnico a un allenatore che esprimesse un calcio dominante e offensivo (senza contare l’utopia Scudetto), a un Mister, piuttosto che a un manager che indirizzasse anche le scelte di mercato. Quel manager era Antonio Conte, primo in classifica, con diciannove punti in più malgrado un Kvaratskhelia in meno. La differenza, però, sta nell’atteggiamento mostrato da una squadra che, reduce da una stagione disastrosa, ha l’ambizione di tornare al vertice, mentre l’altra esprime concetti finanziari su una tesi di 24 pagine in un’Università di Harvard che nulla hanno a che fare con il campo. 

Le difficoltà del Milan nascono da giugno, da un mercato post ventesimo Scudetto dell’Inter (tra l’altro, conquistato in un Derby, a San Siro) privo di sussulti, nel quale le lacune in mezzo al campo e in attacco sembravano palesi e evidenti anche a chi il dirigente non lo fa di mestiere. Fofana e Reijnders, qualche mese dopo, sono ampiamente in riserva, con idee annebbiate e gambe molli in diversi frangenti delle partite: i due sono insostituibili anche e soprattutto perché, i sostituti, mancano.

Il discorso centravanti merita un approfondimento a parte, perché Morata (pur essendo leader e la cui tecnica calcistica è indiscutibile) non è mai stato ciò che serve a questa squadra da anni: un bomber da 30 reti a stagione. Il pur buon Abraham non contribuisce a rendere il Diavolo più pericoloso in zona offensiva: il Milan, oltre a non essere una squadra cinica, appare quasi innocua per molti tratti dei match. 

Mercato Milan: Tomori dopo Kalulu, Joao Felix come Rashford; solo tanta confusione

A gennaio, dopo i primi 19 giorni del mercato, la situazione appare ancor più complicata: la questione Kalulu alla Juventus pare non aver insegnato nulla (con Tomori che potrebbe non ripartire alla volta di Torino e restare a Milano) e la scelta Walker, individuato come sostituto del centrale, che andrebbe in realtà a rimpolpare un reparto che prevede la presenza di cinque terzini. In attacco, Joao Felix e Rashford, pur talenti cristallini da rilanciare, non colmano minimamente la lacuna del centravanti, del numero 9, chiamato a scardinare le porte avversarie.

La rosa ha evidenti limiti strutturali, non compensabili con un Bennacer a mezzo servizio e Musah a girare le varie parti del campo. A tratti, il Milan sembra una squadra senza né capo, né coda, in cui la toppa appare peggio del buco: la priorità è rivolta ai conti della calcolatrice e non al campo. E ad Harvard, evidentemente, il calcio non conta nulla. Le proteste aumentano, così come il malcontento di una piazza ormai allo stremo della pazienza: ma qui non è Hollywood.