Ibrahimovic: “Conta solo il Milan, mi piacciono le sfide”

Ibrahimovic Milan – Dopo aver chiuso la carriera da calciatore con la maglia del Milan Zlatan Ibrahimovic è entrato nella società del club rossonero: la stagione per il club non sta andando come previsto, tuttavia a GQ Italia lo svedese si è detto fiducioso per il futuro.
Prima conversazione con Cardinale – “Non è più un one-man show. Non vengo qui per salvare nessuno. Se pensi che sia così, lasciamo perdere subito. Io non sono qui per salvare la situazione. Sono qui per imparare dagli altri e aiutarli a dare il meglio. Imparare. Aiutare. Teamwork”.
Come mai ha accettato – “È stato tutto merito di Gerry. Quando ho smesso di giocare avevo 42 anni. Mi sono detto: Ascolta, devi essere realista. Devi accettare che non sei più quello di prima. Il problema più grande, il vero problema che ogni calciatore ha, è proprio questo: accettare la realtà e mettere da parte l’ego. Capire che hai superato la data di scadenza. Io l’ho fatto. L’ho accettato. E così ho trovato la mia pace. Da quel momento sono tranquillo. E quella era la parte più difficile”.
Ibrahimovic: “Conta solo il Milan, mi piacciono le sfide”
Il post ritiro – “Ho iniziato a godermi la vita in un altro modo, senza allenarmi ogni giorno. Sono stato tanto con la mia famiglia, come faccio sempre. Io non sono uno che esce la sera. Se guardi il mio Instagram, non troverai mai una foto di mia moglie o dei miei figli. Perché per me loro sono sacri, privati. E quindi, dopo che ho smesso di giocare, ho passato tanto tempo con loro. E rivivevo la mia vita attraverso loro. Era come un flashback, ma con loro ma non con me in campo. Perché quando giocavo, di tempo per loro ne avevo poco. Adesso volevo recuperare. È stato veramente fantastico”.
Nuova sfida – “Eh, sì: sono uno che ama le grandi sfide. Quando faccio qualcosa, deve essere una cosa gigante. Altrimenti non sento l’adrenalina, la pressione. E io ho bisogno della pressione. Le cose normali non mi piacciono. All’inizio ho detto no, non sono interessato. Anche perché quando il mio agente Mino Raiola è venuto a mancare, un paio di anni fa, avevo l’opportunità di entrare nella sua azienda, diventare un procuratore. Ci ho pensato. E sono stato chiaro con Gerry: ho detto, ascolta, ho questa opportunità, e ho anche quella che mi stai offrendo tu, ma in realtà… non voglio nessuna delle due. Perché la mia vita in quel momento era bella così. Non dipendevo da nessuno. Nessun orario da seguire. Nessuna sveglia alle sette. L’unico piano che avevo erano i miei due ninja, i miei due ragazzi, ed Helena. E poi ovviamente la vita a casa, gli allenamenti”.
Cambio di piani – “È stato Gerry, come ti dicevo. Lui spinge. Spinge forte. Ora capisco perché ha successo: non molla mai. È il vero Wolf of Wall Street. Ottiene sempre quello che vuole. Alla fine, mi ha dato un’opportunità a cui non potevo dire di no. E poi anche mia moglie mi ha detto: Se ti conosco bene, so che dopo un po’ ti annoierai. Tu hai bisogno di una sfida. Vai, fai quello che devi fare e sii te stesso. E lei mi conosce e bene. E no, non c’entrano i soldi. Perché io non sono pagato dal Milan, capito? Non sono un dipendente del Milan. Io lavoro per RedBird. Ma la mia responsabilità è chiara: portare l’AC Milan dove gli spetta. Vincere“.
Ibrahimovic: “Conta solo il Milan, mi piacciono le sfide”
Conta solo il Milan – “C’è chi dice: Zlatan è arrogante. E poi tutto viene elaborato e amplificato. Stare attento a quello che dico fa parte del cambiamento di ruolo. Prima ero un giocatore, rappresentavo me stesso. Ora rappresento qualcosa di molto più grande. Rappresento RedBird. E parlo con Gerry ogni giorno. Perché tanta gente dice: Cardinale è il proprietario, ma non è sempre qui». Beh, non importa dove sia Gerry, perché c’è Ibra, dico, sorridendo.
Bravo. Gerry ha tante altre cose a cui pensare, giusto? Lo dice spesso: Questo non è il mio lavoro di tutti i giorni. Ma gli importa, e molto. È molto legato al Milan, vuole avere successo, il Milan è assolutamente centrale nei piani di RedBird. Vuole riportare il Milan dove merita di stare. A modo suo, con la sua visione, la sua ambizione. E noi seguiamo quella strada. Lui ha messo le persone giuste a gestire il Milan. E ti dà la responsabilità, ma in cambio vuole una cosa semplice: i risultati”.
Scrivere la storia – “Qui succedono sempre situazioni nuove. Non sono ancora abituato a tutto, quindi osservo, imparo, accumulo esperienza. Dico la mia quando serve, ma se non mi sento sicuro, non vado a dire agli altri cosa devono fare nel loro campo. Se non è la mia area, mi fido di chi è davanti a me. Lui deve prendere la decisione giusta. Ma una cosa è chiara: io mi aspetto risultati. Ogni cosa che facciamo, deve portare risultati. Non siamo una fondazione di beneficenza. Siamo un club di calcio. E nel calcio, i risultati contano. Perché io dico sempre così: Il Milan non gioca per vincere una partita. Non gioca per vincere trofei. Il Milan scrive la storia“.
Amore per il Milan – “Il Milan è il club più famoso d’Italia. Noi rappresentiamo il calcio italiano nel mondo. Dna, mentalità, pedigree. I numeri parlano chiaro. Tutti parlano di noi. E se parlano di noi, significa che stiamo facendo qualcosa di grande. Una nuova mentalità. Il nostro management è giovane, internazionale. Gente con visioni diverse, ambizioni diverse: c’è fame. E questo è incredibile. Non abbiamo paura. Questa è la nostra forza. Facciamo quello in cui crediamo, senza paura, senza limiti, facciamo le cose a modo nostro. Non guardiamo gli altri. Andiamo avanti, sempre. Qualsiasi muro troviamo davanti? Lo sfondiamo. E fidati di me: noi siamo il rock and roll. Puntando sempre ai risultati. Siamo la nuova scuola“.