ESCLUSIVA Raspadori, lo scopritore: “Atletico Madrid adatto a lui”

ESCLUSIVA SCOPRITORE RASPADORI ATLETICO – Approdato all’Atletico Madrid circa un mese fa, Giacomo Raspadori ha giocato tutte e tre le prime giornate di campionato di Liga con la maglia dei colchoneros.
Il giocatore classe 2000 ha lasciato il Napoli dopo tre stagioni. Indimenticabili i due scudetti vinti con la casacca azzurra. Mentre decisivo è stato in questi giorni con l’Italia, andando in gol sia contro l’Estonia che contro Israele.
Per parlare di lui, Europacalcio.it ha intervistato in esclusiva Aldo Tolomelli, suo primissimo allenatore ai tempi del Progresso, importante realtà sportiva di Castel Maggiore, paese a 10 km da Bologna, dove Raspadori è cresciuto e ha mosso i primi passi da calciatore.
Cosa pensa di questo trasferimento di Raspadori all’Atletico Madrid?
“Ottima scelta, è andato in un campionato dove si gioca un calcio adatto alle sue caratteristiche. Inoltre, l’Atletico Madrid è una delle prime tre squadre della Liga assieme a Real e Barcellona, lotta per obiettivi molto importanti. Giacomo (Raspadori, ndr) ha sempre avuto ragione nelle scelte che ha fatto: tre anni fa sembrava vicino alla Juventus, ma poi ha scelto il Napoli e ha vinto due scudetti“.
Simeone però è un allenatore, come si dice in gergo qui in Italia, abbastanza “catenacciaro”.
“Non sono d’accordo perché in Spagna amano il calcio aggressivo e fanno tanto palleggio. Simeone poi conosce molto bene la Serie A, di sicuro avrà studiato molto bene le caratteristiche di Giacomo, che nel caso sa agire anche da esterno“.
Mentre di questo triennio a Napoli che idea si è fatto?
“Nel complesso è stato un po’ sottovalutato, meritava più spazio. Ma nonostante questo ha fatto gol pesanti, su tutti quello al Venezia, e ha sbloccato situazioni difficili. Lui è sempre rimasto umile e positivo, doti che lo hanno contraddistinto sin da quando era bambino“.
Mi ha quasi anticipato la domanda che volevo farle: cosa ricorda del piccolo Raspadori ai tempi del Progresso?
“Era la stagione 2008/2009, Giacomo aveva otto anni e giocavamo ancora cinque contro cinque, mentre agli Esordienti passammo a sette contro sette. Era un bambino instancabile, il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via. Gli piaceva già giocare con la palla e aveva un buon sinistro. Aveva un atteggiamento sempre positivo e mai se la tirava: mentalmente era già un professionista. E devo dire che anche i suoi genitori sono stati esemplari perché non gli hanno mai messo pressione e non sono stati invadenti, diversamente da quanto fanno tanti altri“.
Un ricordo particolare di quel periodo?
“Mi viene subito in mente un torneo regionale che organizza il Progresso. Con Giacomo lo vincemmo per due anni di fila. Il primo anno, quando giocavamo ancora a cinque, eravamo in finale e la partita non si sbloccava: ad un certo punto ci fu un angolo per noi, Giacomo mi chiese: “Posso tirare verso la porta?”, io gli dissi che poteva provarci, così lui tirò e fece un gol strepitoso, che sarebbe stato complicato anche per un adulto. Mentre al torneo successivo, di un anno dopo, per passare il turno dovevamo fare tanti tanti gol, e ci pensò Giacomo non dico da solo ma quasi, non mollava mai“.
Quale pensa sia stato il suo momento chiave della carriera?
“Ai tempi del Covid una volta lo incontrai in paese a Castel Maggiore. Era ancora un giovane in rampa di lancio ed era al Sassuolo. Mi disse: “Non so se De Zerbi mi vede, ma io in ogni caso non mollo”. Poche settimane dopo fece il suo esordio col Sassuolo e segnò alla Lazio. Credo sia stato quello il suo momento chiave. Bravo anche De Zerbi a dargli fiducia“.
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