Serie A il punto: un Conte nerazzurro, un diavolo all’inferno e tanto altro

SERIE A IL PUNTO – Difficile fare delle considerazioni dopo solo 90 minuti di campionato; una partita su trentotto, un trentottesimo di vita per la stagione 2019/20, ancora nove mesi di partite, il mercato aperto che lascia tutto in bilico.
Oltretutto molte squadre restano un cantiere in lavorazione: alcune sono all’opera sulle fondamenta, altre sono già alla fase in cui stanno riasfaltando, altre, come vedremo ora di seguito, devono ancora iniziare a mettere per iscritto il progetto.
SERIE A IL PUNTO – Non stupisce, in senso positivo, vedere tre squadre davanti a tutte. La Juventus, dopo otto campionati in fila, insegue il nono, lo fa con la speranza di cambiare gioco dopo l’ultima mezza stagione con Allegri e lancia i primi segnali in quel di Parma.
Sarri – o meglio sarebbe dire il suo entourage – ha lavorato molto sulla fase difensiva, la Juventus in Emilia rischia praticamente nulla – bravo Szczesny su un tiro ravvicinato di Inglese – e rischia di chiudere il primo tempo sul 3-0.
Non fatevi abbindolare dal tifoso che ragiona di pancia o dallo pseudo giornalista opinionista di turno che ragiona sulla partita di sabato pomeriggio usando concetti come “non è cambiato nulla tra la juve di allegri e quella di Sarri” oppure “se questa è la Juve tanto valeva tenere allegri”.
Alla Juventus si lavora per cambiare, ma da uomini intelligenti lo fanno un po’ alla volta. Il primo Sarri sarà interessante da giudicare dopo la sosta. No, non quella di settembre: quella natalizia.
Non stupisce nemmeno l’Inter di Conte: se c’è un allenatore capace di dare da subito un’impronta vincente è l’ex capitano della Juventus. Eloquente che l’Inter per ritornare a vincere si affidi a un gruppo di juventini, addirittura al capitano di mille battaglie in maglia bianconera; amato e odiato, ma pur sempre colui che ha fatto rinascere il progetto che ha portato a otto scudetti in fila.
Il tifoso si stura il naso e passa avanti: intanto ieri un 4-0 netto che fa capire quanto potenziale abbia questa squadra, quanto forti siano Sensi e Lukaku, innesti che dopo la prima partita appaiono già fondamentali. Se c’è una squadra che quest’anno starà col fiato sul collo ai campioni d’Italia, non può che essere l’Inter di Conte. Solida, cinica, capace oggi di battere chiunque in Italia.
SERIE A IL PUNTO – Non stupisce e non deve stupire il Napoli di Ancelotti; è vero dietro si balla un po’, ma intanto chi ha seguito la partita sabato sera si è divertito da matti. Merito anche della Fiorentina di Montella che sembra già rivoltata come un calzino rispetto a pochi mesi fa quando si salvarono, con un biscotto osceno, all’ultima di campionato contro il Genoa.
Se la Fiorentina prova a rilanciarsi con un progetto che è un mix di giovani interessantissimi e vecchie glorie, il Napoli, si diceva, è squadra che diverte e fa divertire, tanti gol, ma soprattutto la certezza che quei tre lì davanti non hanno mollato un centimetro. Emblematico che il gol vittoria venga segnato da Insigne di testa: sognare è d’obbligo dopo tutta questa serie di secondi posti.
In senso negativo non deve stupire la partenza ad handicap del Milan. Si parlava di cantieri aperti, ma quello del Milan sembra una di quelle voragini in Guatemala spuntate all’improvviso in mezzo alla città. Giampaolo è uomo colto e intelligente, oltre che allenatore capace, forse per certi versi uno dei migliori della Serie A.
Mi viene però più di qualche dubbio a suffragare tutte le mie incertezze, dopo aver visto il Milan domenica pomeriggio. Già alla lettura delle formazioni mi chiedevo cosa ci facessero due trequartisti e un esterno offensivo a giocare nei tre di centrocampo.
A fine partita, dopo non avere vista mezza palla contro Jajalo – che arrivava da stagioni non di certo esaltanti e anche giocatore più vecchio in campo – contro Fofana -il centrocampista più odiato dallo Stadio Friuli negli ultimi 20 anni – contro Mandragora – un giocatore troppo spesso sottovalutato – Giampaolo si scaglia contro l’attacco.
Chiaramente ognuno ha le sue idee e lui conosce il Milan meglio di chiunque altro in questo momento, ma un due pensieri sul perché giocassero Calhanoglu, Paquetà e Borini in mezzo, con Bennacer, Kurtic e Kessie in panca, li farei; d’accordo non stiamo parlando di Kroos, Modric e Iniesta, però almeno giocatori nel giusto ruolo, quello sì. Se poi sono messaggi lanciati alla sua società verso il mercato: allora alzo le mani.
L’Udinese, dicevamo. Parte alla grande, ma non ci si illuda; anche l’anno scorso alla prima al Friuli vinsero contro Giampaolo, poi il campionato fu un supplizio. Oltretutto la partita di domenica è stata facilitata dal peggior Milan possibile. Lasagna al momento sembra tale e quale a quello dello scorso anno. Pussetto purtroppo no: peggior Pussetto visto con l’Udinese.
De Paul entra e regala l’assist decisivo per la testa di Becao. C’è tanto tanto tanto da lavorare e da stare con i piedi per terra: la zona retrocessione ti risucchia in un attimo. Oltretutto c’è da difendere un allenatore che alla prime due sconfitte verrà messo alla pubblica gogna.
SERIE A IL PUNTO – A proposito di zona retrocessione: il Brescia sorprende tutti e va a vincere a Cagliari. Alla vigilia di questo campionato c’era chi dava ai sardi anche speranze di zona europa, di fare un campionato stile Atalanta delle ultime stagioni, ma attenzione: alla lettura della difesa più di qualche dubbio viene.
Il Brescia in attesa di Balotelli prende tre punti fondamentali e ringrazia. Il Verona sorprende pure e pareggia contro il Bologna di Mihajlovic che siede in panchina. Anche qui ci si aspettava di più dai rossoblu, squadra che punta forte a una salvezza tranquilla o qualcosa in più.
Nella rincorsa all’Europa, Torino e Atalanta riaprono dove avevano chiuso: alla grande. Zaza e Belotti fanno sognare i granata battendo un Sassuolo che mostra pregi e difetti già visti lo scorso anno. Anche se in questa stagione con un Caputo in più lì davanti ci si aspetta qualcosa di meglio.
L’Atalanta è sempre lei invece. La Dea di Gasperini che sogna e fa sognare: sotto di due gol contro la Spal, rimonta e con Muriel entrato nella ripresa vince 3 a 2. La favola continua?
In chiusura le romane: sei gol fatti in due nella doppia sfida contro le genovesi. La Roma fa di tutto per complicarsi la vita in casa con il Genoa, ma ne esce con 3 gol fatti, 3 subiti e 1 punto. Se cercavamo un cantiere aperto: quello di Fonseca ha i lavori in alto mare.
La Lazio invece parte alla grande e c’è poco da stupirsi. Inzaghi e Lotito hanno cambiato poco e nulla e con in Immobile in stato di grazia demoliscono una Sampdoria di Di Francesco in gravissima difficoltà dopo i primi 90 minuti.
Ma questo non è di certo il vero volto blucerchiato, né la vera impronta di Di Francesco, un mister che, come abbiamo visto negli anni, ha bisogno di tempo per far assimilare la propria idea di calcio. Meno male che novanta minuti di gioco dovevano dire poco, non è vero?