Salta al contenuto

Milan, Morata: “Ho lottato contro depressione e attacchi di panico”

Raffaele Campo
Milan Morata

MILAN MORATA DEPRESSIONE – In occasione di una lunga intervista rilasciata a COPE dal ritiro della Spagna, Alvaro Morata ha parlato del suo percorso, toccando anche temi molto delicati.

Così l’attaccante del Milan: “La Spagna è il miglior paese del mondo. La mia situazione è un po’ complessa, ma quando terminerò la mia carriera tornerò sicuramente a vivere qui. Perché situazione complessa? Non mi piace parlare di questo argomento, la gente dice che mi lamento sempre, ma spero alla fine di quest’anno che esca un documentario che aiuterà le persone a comprendere la mia storia qui in Spagna. Aiuterà la gente che sta male, che ha dei momenti duri. Quando soffri di depressione, di attacchi di panico, non conta il lavoro che fai o la vita che hai. Hai un’altra persona dentro di te contro cui devi lottare tutti i giorni e tutte le notti. Per me andarmene dalla Spagna era la cosa migliore, perché era arrivato un momento non cui non ce la facevo più“.

MILAN MORATA DEPRESSIONE – Di seguito: “Credo sia la prima volta che lo dico apertamente. Però sì, sono stato molto male. Pensavo che non sarei più stato in grado di mettermi le scarpe da calcio e scendere in campo. Poche persone lo sapevano: Simeone, Koke, alcune persone qui in Nazionale, il mio psichiatra, il mio mental coach. La televisione, i social, a volte rappresentano un mondo che non è reale. Devi dare un’immagine, perché è il tuo lavoro. Ma sono stato molto, molto, molto male. Non voglio piangere, ma mi sono successe tante cose e alla fine sono esploso. Alla fine correvo a casa, mi si serrava la gola“.

MILAN MORATA DEPRESSIONE

Poi: “Se non avessi incontrato la mia psichiatra, il mio mental coach e ovviamente se non avessi avuto la mia famiglia e i miei amici… Iniesta e Bojan hanno vissuto momenti simili, io pensavo che fosse una cosa impossibile. Tre mesi prima degli Europei, indossare la maglia della Spagna ed esserne il capitano era la cosa più remota che passava nella mia testa. Non ero sicuro che sarei tornato a giocare una partita, non sapevo cosa mi stesse accadendo, era una cosa molto complicata e delicata. Renderti conto che la cosa che ami di più al mondo è quella che in quel momento stai odiando di più è complicato. Mi vergognavo a stare con i miei figli, mi vergognavo a uscire in strada. Ogni volta che andavo in giro con loro accadeva un episodio, la gente mi chiedeva di calcio, o che cos’era successo nella partita precedente… Non volevo più nemmeno andare a fare la spesa, fare le cose che fa un padre normale con i suoi figli. Mi dicevano talmente tante cose davanti a loro che mi vergognavo“.

 

TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE: