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PSG, il lavoro che ha portato alla finale di Champions League

Redazione
Psg

Dopo l’addio di Kylian Mbappé, la narrativa dominante era una sola: il PSG si sarebbe ridimensionato. Troppo pesante, dicevano, il vuoto lasciato da uno dei talenti più straordinari della sua generazione. Eppure, nella stagione 2024/2025, il PSG ha risposto con i fatti. Non solo ha vinto il suo tredicesimo campionato di Ligue 1 ma ha raggiunto la finale di Champions League e ha dimostrato, una volta per tutte, di essere un club maturo, con una nuova credibilità europea costruita sulla progettualità e non solo sul talento individuale.

Un mercato intelligente, non spettacolare

La cessione di Mbappé ha garantito liquidità e ha imposto una riflessione strategica. A differenza del passato, il club non ha inseguito grandi nomi a colpi di milioni, ma ha preferito puntare su un mix di giovani promesse e profili già affermati ma ancora in crescita. João Neves dal Benfica, Willian Pacho dall’Eintracht Francoforte, Désiré Doué dal Rennes e Khvicha Kvaratskhelia dal Napoli sono stati innesti mirati, scelti per completare una rosa già solida.

Ousmane Dembélé ha beneficiato di questa nuova configurazione. Finalmente libero di prendersi responsabilità, ha chiuso la stagione con numeri impressionanti: 33 gol in tutte le competizioni, di cui 21 in Ligue 1, conquistando il titolo di capocannoniere. Un rendimento che lo proietta nell’élite del calcio europeo e alimenta il suo sogno personale di vincere il Pallone d’Oro.

Luis Enrique: visione, pragmatismo e risultati

Il vero architetto della rinascita parigina è però Luis Enrique. L’ex CT della Spagna ha portato ordine e idee in un ambiente abituato agli eccessi. Ha costruito una squadra compatta, aggressiva, abile nel pressing e nel possesso palla, e soprattutto flessibile. Il PSG non è più una somma di individualità, ma un organismo capace di adattarsi all’avversario senza rinunciare alla propria identità.

Il club lo ha premiato con un rinnovo fino al 2027, segno di fiducia totale. E i numeri parlano per lui: il PSG ha vinto il campionato con sei giornate d’anticipo, ha mantenuto l’imbattibilità in 30 partite consecutive in Ligue 1, e ha dato spettacolo anche in Europa. Il gruppo ha seguito il tecnico con dedizione, e la sintonia tra allenatore e dirigenza ha favorito un contesto finalmente stabile, dopo anni di turbolenze.

Una Champions da protagonisti

Se c’era un banco di prova per misurare la nuova identità del PSG, era la Champions League. E la squadra ha risposto presente. Dopo un girone complicato ma superato con determinazione, il club francese ha eliminato, nell’ordine, Liverpool agli ottavi, Aston Villa ai quarti e Arsenal in semifinale. Una scalata prestigiosa, fatta di partite sofferte ma anche di momenti di grande calcio.

Il PSG si è guadagnato un posto nella finale contro l’Inter, e a prescindere dal risultato finale, ha ottenuto qualcosa di più importante: rispetto. I risultati Champions League di questa stagione hanno riportato il nome del Paris Saint-Germain tra le grandi d’Europa non per il marketing, ma per il valore espresso sul campo.

Una cultura del lavoro che fa la differenza

Ciò che colpisce di più è il cambiamento culturale. Il PSG non è più la squadra dei viziati, delle tensioni interne, delle eliminazioni premature. È un club che ha imparato a lavorare con umiltà, a costruire nel tempo, a valorizzare il talento senza bruciarlo. In questo senso, l’approccio di Luis Enrique e del DS Luis Campos è stato rivoluzionario.

I risultati di calcio della stagione 2024/2025 raccontano di una squadra capace di coniugare spettacolo ed efficacia, gioventù ed esperienza, ambizione e realismo. Un equilibrio difficile da raggiungere, ma che oggi è il tratto distintivo del nuovo PSG.

Un futuro che promette ancora di più

La finale di Champions League rappresenta la vetta di una stagione memorabile, ma non il punto d’arrivo. Il PSG ha lanciato un messaggio chiaro: può vincere senza Mbappé, può costruire senza dipendere dalle mode del mercato, può essere un modello, e non solo un laboratorio.

Con una base giovane, un allenatore solido e una dirigenza più consapevole, il club ha davanti a sé un ciclo potenzialmente lungo. Non più ossessionato dalla coppa, ma determinato a meritarsela. E questa, forse, è la vera vittoria.