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Calcio femminile: storia, battaglie e rivoluzione culturale

Redazione
campo calcio

Lotta per l’emancipazione nello sport

Sabato scorso si è celebrata la Giornata Internazionale della Donna, un’occasione per riflettere sul cammino ancora in atto verso la piena parità di genere. Lo sport, da sempre specchio della società, è stato uno dei terreni di battaglia più significativi per l’affermazione delle donne.

Campionesse come Billie Jean King, Nadia Comaneci, Sara Simeoni e Katie Taylor hanno dimostrato che talento, tecnica e forza non appartengono esclusivamente all’universo maschile. Se negli sport individuali il riconoscimento è arrivato più rapidamente, nelle discipline di squadra – e in particolare nel calcio – il percorso è stato ben più arduo.

Il divieto della Football Association e la rinascita

Per decenni, il calcio femminile è stato ostracizzato. Nel 1921, la Football Association inglese lo bandì, considerandolo una deviazione sociale. Le donne dovettero aspettare fino al 1968 – anno simbolo di rivoluzioni culturali – per vedere la Nazionale Italiana disputare la sua prima amichevole contro la Cecoslovacchia. Negli anni ‘80, l’Italia fu addirittura pioniera del movimento, organizzando ben quattro edizioni del Mundialito, antesignano della moderna Coppa del Mondo femminile.

Carolina Morace e il calcio nel mainstream

Negli anni ‘90, figure come Carolina Morace hanno portato il calcio femminile sotto i riflettori. La Morace non solo diventò ospite fissa nei talk show sportivi – fino ad allora dominio esclusivo degli uomini – ma fu anche la prima donna a guidare una squadra maschile professionistica: la Viterbese di Luciano Gaucci in Serie C1 (1999-2000). Un’esperienza breve, ma dal valore rivoluzionario.

L’ascesa globale del calcio femminile

Negli ultimi anni, il calcio femminile ha guadagnato visibilità su scala globale. Marta, simbolo del Brasile, e Megan Rapinoe, icona degli Stati Uniti, hanno trascinato le loro nazionali conquistando titoli e riconoscimenti, dentro e fuori dal campo. La loro lotta per i diritti sociali le ha rese figure di riferimento ben oltre il rettangolo di gioco.

Nonostante questa crescita, il divario salariale rimane un nodo irrisolto. Tuttavia, l’aumento della partecipazione femminile agli eventi calcistici e una riduzione della violenza negli stadi dimostrano che il cambiamento è in atto.

Il caso Sahar Khodayari e la battaglia in Iran

In alcuni Paesi, il calcio è ancora un diritto negato alle donne. Nel 2019, la giovane tifosa iraniana Sahar Khodayari – sostenitrice dell’Esteghlal – venne arrestata per aver cercato di assistere a una partita. La sua tragica fine, dopo essersi data fuoco davanti al tribunale di Teheran, provocò un’ondata di proteste che portò il regime iraniano a concedere – seppur in modo limitato – l’accesso agli stadi per le donne nel 2023.

Tra visibilità e marketing

Il calcio femminile sta diventando anche un fenomeno di costume. Celebrità come Kim Kardashian con la maglia della Roma, Dua Lipa con il Palermo e Emily Ratajkowski con il Napoli hanno contribuito a renderlo un trend globale. Tuttavia, resta il rischio di cadere nella retorica: lo slogan della FIGC per l’8 marzo – “Non è calcio femminile, è calcio” – pur con un intento positivo, rischia di negare la specificità e la storia del movimento.

Un futuro tra sogni e incognite

La crescita del calcio femminile è innegabile, ma resta il dubbio su cosa accadrebbe se venisse completamente assimilato al calcio maschile, con tutti i suoi lati oscuri. La speranza è che le differenze vengano preservate senza generare disuguaglianze, e che gli uomini possano ispirarsi alla dedizione e alla tenacia delle calciatrici, troppo spesso sottovalutate.