Auriemma: “Mazzarri tecnico più importante dell’era De Laurentiis”

[df-subtitle]”Auriemma, oggi c’è ancora la sua traccia”[/df-subtitle]
Il collega Raffaele Auriemma scrive di Walter Mazzarri in vista di Torino-Napoli, ecco cosa si evince dalle colonne di Tuttosport:
Non è un’esagerazione sostenere che l’allenatore più importante del Napoli di Aurelio De Laurentiis sia stato Walter Mazzarri. Sì, proprio Mazzarri, ancor più del blasonato Rafa Benitez e del maestro Maurizio Sarri, i quali hanno sì potuto alzare il livello tecnico generale, ma grazie alle risorse che Mazzarri era riuscito a produrre con un contesto di squadra di gran lunga inferiore a quelle che poi hanno allenato i suoi successori.
Posso ricordarvi chi marcava Drogba, il centravanti del Chelsea, ai supplementari nella gara di ritorno degli ottavi di Champions che poi i Blues vinsero nella stagione 20111-2012? Salvatore Aronica, un onesto difensore che in precedenza aveva vestito al massimo (e con tutto il rispetto) solo le maglie di Ascoli, Messina e Reggina. Curiosamente, una notte al San Paolo favorì un pareggio proprio del Toro con uno sciagurato retropassaggio cui al 91’ approfittò il granata Sansone. Aronica e non Albiol, un campione del mondo che arrivò a Napoli anche grazie al tesoretto che De Laurentiis riuscì ad accumulare con i piazzamenti degli anni precedenti a quelli di Rafa. Quella notte ad Anfield non sfigurò Aronica, per quella ragione enunciata da Mazzarri al suo arrivò al Napoli, ottava giornata del campionato 2009-2010 e con la squadra quattordicesima in serie A: aveva un’anima.
La traccia di Mazzarri in questo Napoli va letta soprattutto nella contabilità, attraverso una capacità di spesa diventata sempre più alta, proprio grazie ai piazzamenti ottenuti con un organico che guadagnava complessivamente poco più di 28 milioni a stagione: oggi il Napoli ha sfondato il tetto dei 100 milioni di euro di ingaggio annui. Ricchezza e pure trofei. Il tecnico di San Vincenzo ha condotto la squadra azzurra in Champions League per due volte in due stagioni su quattro (chiuse al secondo ed al terzo in serie A) e nelle altre due ha raggiunto i sedicesimi di Europa League, oltre ad aver riportato la Coppa Italia nella bacheca del club, 15 anni dopo l’ultima che fu alzata al cielo da Maradona. E se a Pechino, in quella velenosa contesa con la Juventus, il destino non gli fosse stato avverso, avrebbe completato il suo personale (e già congruo) palmares sulla panchina del Napoli, anche con una Supercoppa italiana. Il segno di Mazzarri resterà per sempre intangibile nell’architettura contabile del club. E’ svanito, però, in ciò che riguarda il campo: il Napoli di oggi difetta infatti di quell’anima, o chiamatela pure “cazzimma”, che gli aveva permesso di vincere partite impossibili e di frequentare a testa alta i palcoscenici di mezza Europa. E che adesso sta cercando, dispiegando tutte le sue risorse tecniche e le sue energie psicofisiche, sigaretta su sigaretta, di trasmettere al Toro. Quel Toro che domenica, all’ora di pranzo, ha tutte le intenzioni di spargere altro sale sulle prime ferite del Napoli.