Parla Kalinic: “In Spagna sono contento, grazie Atletico. Su Gattuso…”

[df-subtitle]L’ex Milan ad AS: “I rossoneri meritano di lottare per la Champions. Rifiutai la Cina perchè…”[/df-subtitle]
Nikola Kalinic ha rilasciato una lunga ed interessante intervista ad AS, durante la quale ha toccato molti temi: da Gattuso alla nuova avventura con l’Atletico Madrid, dagli esordi in Inghilterra al rifiuto alla Cina quando giocava con la Fiorentina.
Ecco le sue parole, partendo dalla nuova avventura in Spagna, giunta dopo un’annata difficile con il Milan e con la Croazia all’ultimo Mondiale: “Sono contento: non avevo mai giocato in Spagna, dopo esserci riuscito in Inghilterra e Italia, ma arrivo qui con grande voglia di far bene all’Atléti. Ha richiamato la mia attenzione il gioco: tutti giocano bene, un buon calcio. Non c’è tanta difesa come in Italia, tutti vogliono giocare e vincere partite. L’interesse colchonero? Quando uno dei più grandi club, che sta lottando per traguardi importanti, ti chiama…c’è poco da pensare. Mi ha chiamato Simeone e ho parlato con lui: mi ha detto che mi voleva e che avrei giocato molte partite, che ci sarebbero state molte opportunità per tutto. Mi ha fatto molto piacere: quando vieni in un club così sai che non è semplice avere minuti e spazio, con attaccanti di altissimo livello come Diego Costa e Griezmann. Non so quanto giocherò, nessuno lo sa, ma approfitterò di ogni opportunità: Simeone mi ha chiesto ciò che chiede agli altri attaccanti, aiutare la squadra per prima cosa. Poi, cercare di generare spazi per gli inserimenti. Non ti si chiede di pensare al gol, l’importante è il collettivo. Darò il meglio, che Simeone mi dia un minuto o 90′. Vrsaljko e Mandzukic mi hanno detto che la squadra è forte, ma non solamente per i giocatori: l’atmosfera, il tifo, sono grandi valori di questo club”.
Poi un tuffo nel passato, ripercorrendo le tappe della sua carriera: “Iniziai a giocare a calcio a 9 anni all’Hajduk, giocando sempre con ragazzi più grandi di me. Non ho mai potuto giocare con ragazzi della mia generazione, ho dovuto apprendere rapidamente. L’Hajduk è la squadra che adoro, la squadra della mia regione di nascita, dove ho iniziato ad essere giocatore. Idoli? Mi ispiravo a Ibrahimovic, amo questo tipo di attaccanti: non so fare ciò che fa lui e mai probabilmente potrò, ma amo vederlo giocare. In Inghilterra arrivai quasi adolescente, non conoscevo la lingua. Giocai al Blackburn e dovetti adattarmi a questo tipo di calcio, di lotta costante e per la sopravvivenza, con la testa sempre alzata per guardare il pallone volare. Non è un calcio che mi piace, l’Inghilterra ha un calcio più fisico e roccioso: ho affrontato grandi difese come quella dello United con Vidic e Ferdinand. A volte non arrivavo nemmeno a toccare il pallone. Io e la mia famiglia abbiamo imparato tante cose a livello di esperienza di vita, ma col calcio è stata durissima. Poi è arrivata un’esperienza molto positiva in Ucraina, con il Dnipro: Juande Ramos mi ha insegnato molto, riuscii a giocare una finale di Europa League contro il Siviglia, segnando anche. Dopo, con Paulo Sousa, sono andato alla Fiorentina e con lui giocavamo bene, segnavo ed è stata una bella esperienza prima di arrivare al Milan…”.
A proposito di Milan: “Per me è stata dura: non ho potuto fare la preseason con la squadra e mi allenavo da solo a Spalato attendendo il trasferimento. Sono arrivato a stagione in corso, poi ho avuto tanti problemi fisici. Il Milan è un grande club, abituato a lottare per i titoli e vincerli, e vogliono risultati molto rapidamente: avevamo undici giocatori nuovi, c’è bisogno di tempo per costruire qualcosa. Auguro ai rossoneri il meglio, meritano di lottare per la Champions. Gattuso? È incredibile: fuori dal campo scherza e ride tanto, un tipo di compagnia. Ma quando ti alleni o sei in campo lui dà tutto e vuole tu dia tutto. Ti mette pressione. È pazzo, in senso buono: una gran persona. Credo il Milan arriverà lontano con lui”.
Verso la fine, poi, Kalinic torna a parlare del rifiuto alla Cina giunto quando ancora vestiva la maglia della Fiorentina: “A Firenze ricevetti un’offerta importantissima dalla Cina, erano tantissimi soldi, lo ammetto. Ma gioco perchè amo il calcio, non solo per soldi. Se fossi andato lì la mia carriera sarebbe quasi finita, ho deciso di voler continuare nel calcio ai massimi livelli. Non mi avrebbe fatto felice il calcio cinese: avrei guadagnato tanto, ma la mia famiglia non sarebbe stata bene lì. Se fosse stato il contrario sarebbe stato un altro discorso, ma ciò che voglio è giocare nel miglior calcio, contro grandi squadre”.
Infine, l’episodio negativo del Mondiale e la maglia di Torres all’Atletico: “Cos’è successo al Mondiale? Si è parlato già tanto di questo: ora è il passato e voglio concentrarmi sull’Atletico. Ciò che è successo è una storia lunga e se n’è già parlato troppo. Vorrei certamente tornare in Nazionale, sono disponibile, ma qualcosa dovrà cambiare. Indossare la ‘9’ di Torres? E’ il numero di una leggenda, anche in Inghilterra. L’ho scelto perchè era libero e mi piaceva, l’ho indossato anche con altre squadre: ma non vengo a sostituire né Fernando né nessun altro, è semplicemente un numero da attaccante. So che Torres ha significato tanto per questo club e lo rispetto per questo”.
(immagine tratta da @nikolakalinic)