VAN BASTEN – Intervistato da El Pais, il fuoriclasse degli anni 90’ Marco van Basten, tre volte pallone d’oro, trascinatore degli oranje alla conquista dell’Europeo e icona rossonera, ha raccontato i momenti più difficili della sua vita e della sua carriera, raccolti nella sua autobiografia pubblicata in Italia con il titolo “Fragile”.

VAN BASTEN, LE PAROLE DEL CIGNO DI UTRECHT

Giocare a calcio era la mia vita, all’improvviso, dopo un’operazione alle caviglie che sembrava semplice, dovetti ritirarmi. Non era solo molto difficile accettare che non avrei giocato, è stato difficile andare avanti con la mia vita. Non solo non potevo giocare, la mia caviglia non mi permetteva di camminare o fare nulla. Sono stati anni molto duri. Sono stato fortunato che un medico abbia avuto l’idea di bloccare la mia articolazione saldandomi le ossa. Non potevo più flettere la caviglia, né potevo correre di nuovo, ma ero in grado di iniziare una nuova vita senza dolore. Gioco a golf e anche a squash, il che mi rende felice”.

Molti pensano che i problemi di Van Basten siano dovuti al trattamento dei difensori:

“Il mio problema erano i cattivi dottori, che invece di capire la situazione e migliorarla, l’hanno peggiorata. Il mio peggior nemico non sono mai stati i calci subiti dai difensori avversari. Johann voleva che vincessimo titoli. Dall’altro, i medici gli dissero che se avessi giocato la caviglia non mi avrebbe fatto male. Per Cruyff questo è stato sufficiente e mi ha detto che avrei dovuto giocare. È qui inizia la mia responsabilità: volevo giocare. Ho pensato che avrei dovuto insistere, visto che i dottori mi avevano assicurato che fosse tutto ok. Ma la verità è che mi faceva così male che non potevo giocare o allenarmi bene e purtroppo poi ho dovuto alzare bandiera bianca”.

Arrigo Sacchi fa diventare grande Van Basten, un flop invece la propria carriera d’allenatore:

“Sacchi era una persona molto gentile e anche un ottimo allenatore. Ma parlava sempre dell’organizzazione, soprattutto in modalità difensiva. Prima pensavamo a organizzarci per fare pressione sull’avversario che aveva la palla, poi ci occupavamo del resto. Penso che questo abbia dato all’Italia ottimi risultati, eravamo fantastici ma io venivo da un’altra scuola. Con Sacchi è diventato importante l’allenatore, ma sono i calciatori a fare la differenza. Oggi però parliamo solo di allenatori, come se loro facessero la differenza. Gli allenatori sono diventati troppo importanti. I giocatori devono assumersi più responsabilità perché sono quelli che hanno più potere di influenzare le partite e le stagioni. Ho fatto quello che potevo ma non sono riuscito a fare la differenza come allenatore. È stato difficile per me mantenere il controllo, alla fine ho capito che questo lavoro non mi dava piacere”.

LEGGI ANCHE:

Articolo precedenteMata in scadenza con lo United: si fanno avanti Juve, Inter e Roma
Articolo successivoPresidente Spezia: “Italiano al Napoli? Non voglio parlarne”

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui