Napoli e Atalanta in cima alla classifica. E chi l’avrebbe mai detto. Questa prima porzione di campionato restituisce al nostro calcio la bellezza dell’imprevedibilità. Perché nessuno, almeno tra coloro che si ritengono i “Grandi Saggi” di questo sport, avrebbe ipotizzato al pit-stop una classifica così variegata.

Per fortuna noi non siamo “Grandi Saggi” ma cerchiamo solo di analizzare un fenomeno, il calcio, che non può essere slegato da fattori contestuali ed ambientali.

Il Napoli è una squadra completamente rifondata; la partenza dei leader storici aveva fatto precipitare l’ambiente in uno sconforto preventivo e, alla luce di questa prima fetta di stagione – ingiustificato.

Quei leader storici non avevano infatti portato in dote Scudetti, Europa League, Conference League o Champions League ma una Coppa Italia (vinta già con Mazzarri, poi con Benitez), se vogliamo dirla tutta.

L’arrivo di calciatori giovani e palesemente affamati, non appagati, con voglia di emergere, sta rendendo il gruppo di Spalletti all’avanguardia; raramente un nuovo gruppo è riuscito, nella storia, ad affinare meccanismi di gioco in così poco tempo.

La sensazione (suffragata dall’abbraccio di Kvara a Zielinski in occasione del rigore calciato da Politano a Glasgow) è che ci siano – finalmente – calciatori che non antepongono loro stessi alla maglia.

Il Napoli di oggi è composto (e sarà il tempo a confermare questa tesi) da giocatori che hanno compreso un fatto semplice, che nel calcio può portare a risultati importanti. Mettere in cima il bene collettivo, della squadra, è un investimento che può portare a raccogliere prestigiosi benefici individuali.

Napoli, se l’ambiente riuscisse ad essere più compatto…

La vittoria ottenuta a Milano è un segnale forte lanciato alle pretendenti. Ci fu anche lo scorso anno una partenza a razzo, è vero, ma stavolta gli interpreti sono diversi e va lasciata più di una porta aperta alla chance che le cose possano anche migliorare rispetto ad un anno fa. Come dicevamo, non si può slegare il calcio da fattori contestuali.

Se l’ambiente riuscisse ad essere più compatto, se alla squadra arrivassero maggiormente vicinanza e fiducia del popolo (e del “popolino”?) invece di avere lo squadrismo dietro l’angolo, pronto a saltar fuori per attaccare ad armi verbali spianate il proprio club o i singoli giocatori (qualcuno deve chiedere scusa a Meret?) ai passi falsi che certamente ci saranno, in città si potrebbe davvero pensare in grande.

“Spalla a spalla”, diceva chi ha realmente portato il Napoli in una dimensione internazionale. Anche con la stampa, ovviamente. Che non vuol dire perdere obiettività ma semplicemente analizzare quanto accade senza anteporre pregiudizi o convinzioni personali.

Contesto, dicevamo. Il calcio non è un fenomeno che interpretabile senza capire il proprio ambiente. E a Napoli l’ambiente tutto può fare la differenza.

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