MILAN BONAVENTURA – Intervistato da “SportWeek“, l’inserto settimanale de “La Gazzetta dello Sport“, Giacomo Bonaventura ha ripercorso il suo addio al Milan.
Così il centrocampista: “Potevo ancora dare tanto ma il giocatore e l’uomo il Milan lo ha visto tutto. Mi dispiace non aver avuto lo stesso allenatore per tre o quattro anni, perché è una cosa che ti dà continuità nel lavoro. Invece, ogni nuovo tecnico sembra ti metta sotto esame. Ogni volta ricominci daccapo e questo ti fa perdere un sacco di tempo“.
MILAN BONAVENTURA
MILAN BONAVENTURA – Prosegue: “Ho capito che le valutazioni su di me erano cambiate quando mi sono infortunato al ginocchio. Dovevo operarmi, stare fermo fino al termine della stagione e ricominciare con un solo anno di contratto davanti. Una società che ha fiducia in te, ti sottopone il rinnovo appena vede che hai ripreso l’attività. Nel mio caso non è successo. Ci sono state mezze parole, niente di più. Forse è cambiato lo stile Milan, ma ho avuto la sensazione che nei miei confronti non ci fosse la considerazione di cui godevo prima dell’infortunio“.
Poi: “L’immagine di me inginocchiato a San Siro? Non c’era niente di preparato. Ho aspettato che uscissero tutti prima di restare qualche istante per conto mio e guardarmi intorno, ricordare. Ho fatto due passi, ho visto lo stadio come mai mi era capitato: vuoto. E vuoto sembra ancora più grande. Poi mi sono inginocchiato. È stato un momento di intimità tra me e San Siro. Ho provato gratitudine per tutto quello che ho vissuto dentro quell’impianto. Giocare lì era il mio sogno di bambino. Averlo fatto per sei anni col Milan è stato fantastico“.
Infine: “Il ricordo più bello? Doha, sicuramente. Un trofeo è un premio per tutti quelli che lavorano in società, non solo per allenatori e giocatori, ed è bello vedere la felicità nei loro occhi“.