Maradona parla Platini – Michel Platini è stato protagonista, insieme a Maradona, delle sfide più combattute e affascinanti tra Juventus e Napoli negli anni 80. I due, non solo rappresentavano due club diversi, ma anche due mondi diversi e soprattutto due modi di interpretare il gioco diversi. Da un lato vi era l’ ironia e l’ arguzia francese, dall’ altro il pragmatismo e la voglia di “Revolucion” tipicamente sudamericana. Ma una cosa li legava e li lega tutt’ora, ovvero il talento, quello non conosce confini, barriere e colori, quello “mette tutti d’accordo” e a sentire chi quegli anni li ha vissuti, si evince che fu un vero privilegio vederli battagliare, domenica dopo domenica nel “nostro” campionato.
“Le Roi” ha voluto ricordare il suo amico e rivale scomparso due giorni fa, e lo ha fatto ai microfoni de “La Gazzetta Dello Sport“, svelando, anche, qualche interessante retroscena.
Maradona parla Platini – Ecco le parole dell’ ex fuoriclasse bianconero:
“Non stava bene da tempo, però mi dispiace e fa male lo stesso sentire che non c’è più. Non so se sia il calciatore più forte della storia. La prima volta ci eravamo incontrati a Buenos Aires nel giugno 1979, l’indimenticabile Argentina-Resto del Mondo. C’eravamo io, Rossi, Tardelli e Boniek, allenati dal vostro Enzo Bearzot che mi aveva voluto in squadra. Dall’altra parte i campioni del 1978 con Diego ancora giovanissimo. Un ragazzo già grande come Pelé, Cruijff, Ronaldo e Zidane: i campionissimi che segnano un’epoca. Non chiedetemi confronti con me. Come si fa a dire se sono meglio i Beatles o Battisti? Celentano o Jacques Brel? Sono paragoni che non hanno senso nella vita e neanche nel calcio. Sono cresciuto con un idolo: Johan Cruijff e quindi….
Diego era un fenomeno, ma a Napoli gli avevano costruito attorno una grande squadra: non dimentichiamo Giordano, Careca e gli altri. Diego aveva tutto, tutti i mezzi tecnici per essere un campione: il piede sinistro era favoloso. E una rapidità che io purtroppo non ho mai avuto, non diventi Maradona se non nasci con questi mezzi. Però lui era più un attaccante, una seconda punta e invece io molto più centrocampista: eravamo diversi. Lui era di sicuro un personaggio, sempre protagonista. Ha fatto tanto per i calciatori, gli volevano bene. E in campo rispettava sempre gli avversari, non cercava provocazioni. Penso che Diego sia stato una persona molto gentile e generosa in un mondo che però l’ha aiutato poco. Tutti quelli che lo frequentavano dicevano che fosse molto simpatico, ma forse non gli hanno dato quello di cui aveva veramente bisogno.
Non so se l’Avvocato Agnelli sognasse una Juve con me e Maradona assieme, ma Dal Cin aveva provato a portarmi al Napoli. Gli avrei lasciato la maglia numero 10 perché era a casa sua e io avrei preso la 20, che vale il doppio…”.