Gennaro Ivan Gattuso, per tutti Rino oppure Ringhio, è uno che si è sempre distinto per le scelte coraggiose. In campo non mollava mai, un giocatore che riusciva a mettere così tanta aggressività da riuscire a compensare alle lacune tecniche e giocare titolare in una squadra stellare come quel Milan di Ancelotti che vinse tutto. In mezzo a un centrocampo infarcito di talento, da Pirlo a Rui Costa e Seedorf, passando per Kakà, la cattiveria agonistica di Gattuso, titolare anche nella nazionale mondiale di Lippi, era l’aspetto che più lo distingueva.

Gattuso: giocatore unico e controverso

Perché “Rino” è sempre stato uno che si distingueva. Scelse i Rangers Glasgow, da calciatore, andando a interrompere, insieme a Lorenzo Amoruso, la tradizione della squadra della capitale a forte matrice conservatrice e reazionaria, “paladina del protestantesimo e dell’unionismo“, in contrapposizione al Celtic, la squadra degli immigrati cattolici, dei proletari, degli indipendentisti.

Gattuso arrivò a muso duro come nel suo stile e in breve conquistò persino la tifoseria dei Rangers tanto da meritarsi l’appellativo di  Braveheart nella sua breve stagione con la maglia dei Blues. Questa una sua testimonianza del suo primo periodo in Scozia: “I Rangers parlarono con il mio procuratore di allora e proposero un contratto di quattro anni. Mi trasferii in Scozia. Ad aprile arrivai a Glasgow, mi allenavo ma non potevo giocare perché mancava il transfer dall’Italia. Sessanta giorni terribili, tutto il tempo a convincermi di aver fatto la cosa giusta, a resistere. Dopo un mese di vacanza in Italia, tornai a Glasgow a giugno per cominciare la stagione finalmente da giocatore. L’allenatore Walter Smith voleva che fossi titolare. Cominciai a giocare e il pubblico mi sosteneva. ‘Rainooo! Rainooo!’, il coro dell’Ibrox Park di Glasgow era tutto per me, i tifosi credevano in me più di quanto facessi io”.

Dopo quella breve esperienza cambiò il modo di interpretare le partite, rendendolo il Gattuso che tutti abbiamo conosciuto. Successivamente veste la maglia della Salernitana, prima della sua lunga militanza con il Milan, che gli permise di vincere tutto il possibile, nazionale compresa.

Al Sion inizia la sua avventura da allenatore

Chiusa la carriera da calciatore in Svizzera, con la maglia del Sion, dove vestì i panni del giocatore, poi dell’allenatore-giocatore, per poi ritornare a essere nuovamente solo giocatore agli ordini dello stravagante presidente svizzero Christian Constantin. Constantin architetto ed ex portiere del Neuchatel Xamas, aveva la fama di mangia-allenatori: insidefutbol.com lo definiva “il presidente per il quale ogni allenatore spera di non lavorare.” Per Gattuso inizia così la sua tribolata avventura su diverse panchine del calcio europeo.

Non contento dell’esperienza rossocrociata sotto Costantin, ecco che Gattuso sbarca nel profondo sud: a Palermo, per la stagione 2013/14. Scelto da Zamparini, la cui fama non ha bisogno di essere menzionata qui, per guidare i rosanero alla conquista della promozione in Serie A, Gattuso viene esonerato dopo sei partite. Un pareggio, due vittorie e tre sconfitte il suo storico sulla panchina del Palermo.

In Grecia più dolori che gioie

Gattuso resta sul Mediterraneo. Il suo sangue calabrese lo spinge dai fratelli greci: Ofi Creta è la sua nuova squadra. In Grecia non va meglio, certo che il buon Gattuso sembra scegliersi situazioni complesse con il lanternino. Lo spinge la sua indole da guerriero che lo ha reso famoso sui campi di tutta Europa. Dopo sette giornate – con tre partite vinte e quattro perse – e la sconfitta interna contro l’Asteras, Gattuso annuncia le dimissioni in conferenza stampa: “Non posso avere problemi tutti i giorni, mi dispiace ma non posso continuare“. poche e semplici parole.
La piazza insorge, innamorata di quel tecnico tutta grinta e capace di trascinare: Gattuso fa dietrofront poche ore dopo, ma resterà sulla panchina greca solo fino a dicembre. Stavolta le dimissioni sono definitive.

A Pisa un tira e molla

Dopo un anno sabbatico – dove fu anche vicino alla guida della Nazionale Under 21 – nel 2015 /16 Gattuso torna su una panchina italiana. Sceglie quella del Pisa. Promozione dalla Serie C alla Serie B. Successivamente anche qui un tira e molla continuo e una serie di vicende controverse. Il Pisa vive una profonda crisi finanziaria: a giugno, poco dopo la promozione, Gattuso si dimette. Poi lo strappo si ricuce momentaneamente, ma il 31 luglio arriva un comunicato dello stesso tecnico calabrese: “Con questa società non si può lavorare. Rassegno le mie dimissioni irrevocabili insieme a tutto lo staff“. Decisione definitiva? Nemmeno per sogno! Il primo settembre Gattuso è di nuovo sulla panchina nerazzurra e ci resterà fino alla fine della stagione 2016/17, quando il Pisa, ventiduesimo e ultimo, retrocederà nuovamente in Lega Pro.

Gattuso, sempre particolare nel suo stile anche fuori dal campo, dove spesso mostra grandi doti da comunicatore capace di arruffianarsi la platea, lascerà la squadra con una lettera di ringraziamento apparsa su Il Tirreno: “Quando arrivai in mezzo a voi ero ignaro di quello che avrei vissuto e ricevuto da quest’avventura. Giorno dopo giorno l’emozione che questa città ha saputo regalarmi si è alimentata del calore, dei sorrisi e dell’affetto che ognuno, a modo suo, ha saputo trasmettermi.

Oggi il Pisa ha un futuro sicuro. Ma non posso dimenticare chi mi ha sostenuto nelle tante difficoltà che insieme abbiamo dovuto affrontare: ogni componente del mio staff, tutti i calciatori che ho allenato, i miei tifosi, la Curva Nord. Fino all’ultimo dei bambini che veniva fino a San Piero anche solo per una foto. Coloro che giorno dopo giorno hanno fatto crescere un sentimento sincero che resterà per sempre. Un sentimento che possiamo comprendere e che custodiremo solo noi che l’abbiamo vissuto. Grazie Pisa, grazie a tutti i tifosi: mi avete fatto sentire uno di voi, mi sono sentito amato. E non lo dimenticherò mai.

Il ritorno in rossonero

Poi di nuovo il Milan sulla sua strada. Inizialmente sulla panchina della squadra primavera, poi subentrando all’esonerato Montella. Il Milan non è più quella corazzata che lui guidava trionfante in giro per l’Europa. Ne ha una dimostrazione alla sua prima panchina quando i rossoneri vengono raggiunti sul pareggio dal neopromosso Benevento grazie allo storico gol del portiere Brignoli, in pieno recupero. È il Milan dei guai societari, della proprietà che cambia. Tanto per non farsi mancare nulla, Gattuso siede su una panchina che scotta in una società tutt’altro che solida.

La stagione prosegue tra alti – finale di Coppa Italia raggiunta, poi Milan sconfitto nettamente dalla Juventus – e qualche basso come l’eliminazione subita agli ottavi di Europa League dall’Arsenal, ma anche con un sesto posto in classifica ottenuto con un grande girone di ritorno.
Forse il Milan e Gattuso hanno davvero trovato l’alchimia giusta? L’anno dopo si presenta sulla panchina rossonera disputando un buon campionato, ma il quinto posto finale, a un solo punto dalla Champions League, costa caro al tecnico calabrese.

E ora il Napoli

Ora, è storia di queste ore, Gattuso – ambito anche da altri club di Serie A – sabato pomeriggio farà il suo esordio sulla panchina del Napoli. Il tecnico di Corigliano ha scelto di nuovo una situazione difficile, ingarbugliata. Una sfida per uomini duri. Ha scelto un Napoli che ha mandato via il suo allenatore – il maestro di Gattuso al Milan, per altro – dopo una sonora vittoria in Champions. Un Napoli criticato dai propri tifosi per le scelte societarie discutibili e per l’atteggiamento in campo di molti giocatori.

Gattuso, ancora una volta, ha valutato in modo particolare cogliendo al volo l’opprtounità di sedere su una panchina per una nuova battaglia. E se non altro ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere uno che ama distinguersi. Che ama buttarsi nella mischia a muso duro, convinto di poter vincere questa sfida. I tifosi del Napoli e i tanti estimatori di quel centrocampista tutto grinta, sperano che la storia del tecnico, una volta tanto, possa prendere una piega diversa.

Per Gattuso il compito di risalire la classifica, di far riavvicinare il pubblico alla squadra e di compattare giocatori e società. Di rilanciare giocatori che sembrano distanti anni luce da un progetto tecnico di livello – vedi Insigne – per una sfida complicata come quelle che piacciono a lui. Noi ci sentiamo di augurargli buona fortuna: anche stavolta ne servirà davvero tanta.

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