Quelli bravi e istruiti chiamano turning-point quell’occasione imperdibile che se ben sfruttata può cambiare totalmente la vita in meglio o in peggio; e siccome a noi piace usare la terminologia dei più bravi diciamo che Eriksen contro il Benevento ha sfruttato al meglio la sua occasione imperdibile.

D’ora in avanti la sua permanenza in nerazzurro avrà finalmente un senso! Sì perché il danese, dopo la magica punizione che ha permesso all’Inter di eliminare il Milan in Coppa Italia, è stato schierato, un po’ a sorpresa, già a partire dalla gara successiva contro i giallorossi allenati da Inzaghi e ha fatto molto bene.

Non ha giocato però da trequartista, ruolo che ad Antonio Conte non piace proprio, bensì da regista davanti alla difesa.

Lo ammettiamo: all’inizio eravamo dubbiosi perché Eriksen secondo noi fa la differenza solo se opera sulla trequarti; eppure ci siamo dovuti ricredere quando lo abbiamo visto al centro di un gioco nerazzurro stranamente piacevole a vedersi.

Il danese spostava il pallone a destra e a sinistra grazie a millimetrici lanci lunghi che hanno permesso all’Inter di evitare di venire “rimbalzati” nella zona centrale del campo dove il Benevento faceva densità. E i risultati, o, meglio, il risultato si è visto perché i nerazzurri hanno superato brillantemente i giallorossi per 4 a 0.

Forse l’avversario non era dei più insuperabili, ma almeno per una volta Eriksen ci ha messo quella voglia e quella volontà che fino a qualche giorno prima non si era mai vista; nemmeno durante gli allenamenti.

Contro avversari che non giocano un calcio particolarmente aggressivo, il danese può benissimo scendere in campo, ora che è tornato a far parte del progetto nerazzurro, stazionando in quella zona del campo occupata da Brozović che ogni tanto dovrà pur rifiatare.

L’era di Eriksen sta per avere inizio?

Dopo tante panchine e pochi spezzoni di gara, finalmente l’era di Eriksen sta per avere inizio: grazie all’intuizione (felice) di Antonio Conte, che ha deciso di schierarlo contro il Benevento non più come trequartista puro ma come regista basso di centrocampo, forse il danese d’ora in avanti vedrà il campo più spesso.

Certo, tutte le volte che è sceso in campo è sembrato non solo un pesce fuor d’acqua ma anche completamente spaesato e dunque non farlo giocare non è stata proprio un’ingiustizia da parte dell’allenatore leccese.

Lo sappiamo: Eriksen è di carattere tranquillo, è un introverso e al tempo stesso un timido, tutto l’opposto dell’eccentrico Mario Balotelli che di carattere ne ha da vendere, però quando si gioca in una grande bisogna tirare fuori anche la grinta che non si ha.

Di Super Mario si può dire di tutto ma non che non abbia grinta, speriamo di poter dire lo stesso del nuovo Eriksen che, rimasto all’Inter in questo mercato di gennaio perché i soldi da spendere le società non ne hanno più, adesso avrà le sue chance.

Eriksen: un Brozović adattato al ruolo?

Assolutamente sì: Eriksen è un Brozović adattato al ruolo, a un ruolo che non ha mai ricoperto in carriera. Tuttavia essendo un giocatore intelligente, e dai piedi sopraffini, non avrà certo difficoltà a imparare a interpretare un nuovo tipo di calcio.

L’unico dubbio riguarda la capacità/volontà del danese di inseguire gli avversari; chi opera da regista basso, si sa, deve non solo impostare ma anche coprire.

Ed Eriksen corre solamente quando il pallone transita dalle sue parti. Brozović, al contrario, fa entrambe le cose eccellendo nello schermare la difesa e facendo meno bene quando è chiamato a impostare la manovra. Tale mancanza è dovuta alla poca lucidità: se si corre a perdifiato è difficile lanciare con precisione i compagni.

Se Eriksen si muove poco senza palla come può essere schierato da regista basso? In parte abbiamo già risposto a questa domanda. Secondo noi in occasione di partite di cartello, come Inter-Milan o Inter-Juventus, meglio uno che “azzanna” l’avversario come Brozović; mentre quando si giocheranno partite più morbide, vedi Inter-Benevento, meglio Eriksen che offre palloni geniali e utili per superare le difese più chiuse.

Insomma: contro i catenacciari, il danese è un grimaldello e un jolly di cui l’Inter non potrà fare più a meno.

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