CALCIO NEL MONDO AGLIETTI GERMANIA – L’intervista di oggi vede come protagonista Jacopo Aglietti, talent scout, mental coach e comportamentista che ha alle spalle una formazione approfondita nel campo della psicologia clinica grazie alla laurea magistrale conseguita presso l’Università La Sapienza di Roma in Psicologia Evolutiva.

Al momento svolge queste sue attività in Germania, nella regione di Stoccarda, dove sta collaborando con l’agenzia D’Alessandro Scouting e con cui sta costruendo importanti legami fra il mondo del calcio tedesco e quello italiano.

CALCIO NEL MONDO AGLIETTI GERMANIA – Insieme a lui vediamo come questo bagaglio di conoscenze si applichi al calcio moderno, la centralità che sta guadagnando questo ruolo all’interno delle società sportive e in che direzione si muove il calcio del futuro.

Allora Jacopo, parlaci un po’ del calcio tedesco

“Io vivo in Germania e mi occupo del calcio tedesco ormai da diversi anni; i primi anni passavo il weekend facendo live scouting dei settori giovanili. Ora, invece, divido il mio lavoro tra osservazione live ed osservazione video sfruttando vari software (Instat, die Ligen, fußball.de…) concentrandomi principalmente su 2.Bundesliga, 3.Liga, Bundesliga e regionalliga U19 ed u17.

Durante la prima lezione del corso dell’Internationales Fußball Institut per diventare talent scout il docente (un personaggio molto rilevante del calcio tedesco, che ormai si dedica da molti anni alla formazione presso l’università sportiva di Colonia) ci ha detto di come ci sia stata una vera rivoluzione nel calcio tedesco a seguito della delusione del Mondiale 2006.

Da quel momento sono stati aumentati i fondi destinati al calcio, specialmente ai settori giovanili, ristrutturando gli impianti sportivi ed investendo sulla formazione di allenatori e degli altri membri dello staff tecnico. Questo ha portato ad un lento sviluppo culminato con la vittoria da parte della Germania della coppa del mondo (2014) e della Confederations Cup (2017)”.

CALCIO NEL MONDO AGLIETTI GERMANIA – Tu vieni da esperienze calcistiche anche dall’Italia, avendo calcato i campi da giocatore. Quali sono le differenze che hai notato nel calcio teutonico rispetto a quello italiano?

“Quando arrivai in Germania mi stupì degli impianti sportivi, anche le squadre amatoriali hanno strutture moderne, con almeno 2 campi di calcio in erba vera o in sintetico e spesso hanno anche un campo indoor in modo da potersi allenare anche in inverno quando le temperature vanno molto sotto lo 0. Oltre ai campi molti impianti sono dotati anche di palestre attrezzate.

Negli ultimi anni c’è stato uno sviluppo nello stile di gioco del calcio tedesco che accomuna moltissime squadre, specialmente al livello giovanile: si gioca molto sui lanci lunghi dalla difesa verso gli esterni offensivi opposti, facendo passare il pallone raramente attraverso il centrocampo che tuttavia rimane molto attento a raccogliere le seconde palle. Questo stile di gioco sta mettendo in mostra tanti buoni difensori centrali tecnici e soprattutto esterni offensivi di grande valore, tuttavia mette un po’ in ombra il lavoro dei centrocampisti centrali.

Un’altra differenza importante tra il calcio tedesco ed il calcio italiano riguarda gli aspetti fisici, qui in Germania si cerca molto il duello fisico così come il dribbling. Nei settori giovanili, anche a livelli molto alti, si preferisce tentare il dribbling ed eventualmente sbagliare piuttosto che non provarci, si lascia ai ragazzi la possibilità di sbagliare per migliorarsi ed imparare.

Rispetto all’Italia, poi, qui viene dato ampio spazio all’aspetto culturale: ho giocato a calcio per 25 anni a Roma, ed ogni anno era messo in preventivo che almeno tre o quattro partite sarebbero finite in rissa, o che avremmo ricevuto minacce e altre cose al di fuori della regolarità e sportività.

Qui i calciatori spesso sono molto ruvidi in campo, tanti contrasti duri, ma al triplice fischio dell’arbitro finiscono le ostilità, si stringono tutti la mano e spesso la squadra di casa offre da bere e da mangiare agli avversari e si sta insieme”.

Sei psicologo, mental coach e comportamentista, come pensi che incidano gli aspetti mentali sui calciatori e quanto pensi sia importante la figura del mental coach nel calcio?

“Gli aspetti mentali ovviamente influiscono molto sulle prestazione dei calciatori, basta pensare a quanti talenti non sono riusciti a sfruttare pienamente il proprio potenziale per vari motivi, specialmente extracalcistici, su tutti Balotelli, calciatore dal potenziale enorme che probabilmente con un supporto adeguato sarebbe riuscito a fare un’altra carriera.

Oppure si può pensare a quanti calciatori dopo infortuni gravi non sono più tornati sui loro standard prestazionali, calciatori che magari al livello fisico erano tornati al 100%, ma non al livello mentale.

Il mental coach è una figura fondamentale che dovrebbe essere presente in ogni società professionistica. Nella mia esperienza ho incontrato calciatori anche professionisti che non sanno respirare nel modo giusto non coordinando il respiro al gesto tecnico, limitando quindi la prestazione; ho seguito calciatori che hanno migliorato sensibilmente le proprie prestazioni lavorando semplicemente sulla consapevolezza del respiro e sulla concentrazione sul sé stessi e sul proprio corpo, insegnandogli ad estraniarsi dalle distrazioni esterne”.

CALCIO NEL MONDO AGLIETTI GERMANIA – Come possiamo anche noi spettatori accorgerci dell’importanza dello stato psicologico ed emotivo di un giocatore?

“La gestione delle proprie emozioni determina le prestazioni in qualsiasi situazione. Nella storia recente del calcio possiamo pensare ai rigori della finale di EURO 2020: Bonucci già da quando parte dal centrocampo per calciare il suo rigore ha una espressività che denota focalizzazione e determinazione, lui era convinto di segnare.

Jorginho invece dopo aver posizionato il pallone sul dischetto guarda nuovamente la porta avversaria, il suo sguardo con il sopracciglio sinistro sollevato esprime dubbio, probabilmente è stato incerto fino all’ultimo istante su dove indirizzare il suo tiro, fallendo poi il rigore.

Discorso simile si può fare di Belotti, il suo continuo movimento della lingua prima di tirare il rigore è un chiaro segnale di stress che non è riuscito a gestire positivamente. Un mental coach adeguatamente preparato potrebbe aiutare i calciatori a gestire le proprie emozioni, quindi a non lasciare che la prestazione possa essere influenzata negativamente”.

Da quello che ci hai detto finora, insomma, il ruolo che ricopre una figura come la tua all’interno di una squadra andrà via via acquisendo importanza e valore. Quali sviluppi prevedi nel calcio del prossimo futuro?

“Le quattro macro aree da prendere in considerazione quando si valuta un giocatore sono le capacità tecniche, quelle tattiche, quelle atletiche e infine quelle mentali. Gli aspetti tattici vengono solitamente curati dall’allenatore e da altre figure dello staff tecnico come ad esempio il match analyst.

Il preparatore atletico lavora durante la settimana con i calciatori perché è fondamentale raggiungere il top della forma quindi si opera sul piano fisico come su quello nutrizionale e altrettanto possiamo dire dell’area tecnica.

Però come ci si rapporta alla sfera mentale? Nella maggior parte delle squadre ricoprono un ruolo secondario, non sono curati nella maniera più adeguata né tanto meno con la frequenza che meriterebbero.

La mia previsione è che le società che vogliono eccellere, dovranno fare qualche passo in più e investire nella cura della psiche dei calciatori in modo da allenare le quattro macro aree in maniera completa.

Il punto è che per fare un training di livello è necessario affidarsi ad un professionista, senza improvvisare: dare il medesimo spessore a professionalità come quella del preparatore atletico anche a quella del mental coach, dello psicologo dello sport etc…solo in questo modo si garantisce l’allenabilità di una sfera così tanto influente.

Solo affidandosi a persone preparate, in grado di riconoscere le emozioni e di gestire fasi delicate della crescita di un giocatore (come la pressione che prevede il passaggio dalla primavera alla prima squadra) le squadre potranno diventare gruppi all’avanguardia, sicuramente più preparati ad affrontare le difficoltà”.

A proposito di futuro: a questo punto ti chiederei di nominarci qualche giovane calciatore che ti ha particolarmente impressionato del panorama calcistico tedesco? Qual è il prospetto su cui scommetteresti?

“Un calciatore che seguo da diversi anni è Robert Wagner, centrocampista centrale del Friburgo, ha grandissime qualità e nonostante abbia appena 20 anni sembra essere un giocatore di grande esperienza.

Un altro calciatore che mi ha impressionato non posso purtroppo ancora nominarlo, gioca con una delle squadre più importanti della zona di Stoccarda dopo il VFB, attualmente milita in regionalliga u19; in tanti anni che vedo partite non ho mai visto un calciatore con il suo potenziale, mi ha colpito da subito, dal primo tocco palla che gli ho visto fare.

Allora era ancora minorenne così ho cercato subito il padre per parlarci e fargli i complimenti per il figlio, da quel momento è nato un bel rapporto sia con il ragazzo sia con i genitori.

Essendo io anche un mental coach, da qualche mese sto seguendo con lui un percorso che lo sta portando a crescere molto anche dal punto di vista mentale, l’obiettivo che ci siamo posti di raggiungere attraverso questo percorso è di rendere il ragazzo completamente consapevole del suo potenziale in modo da sfruttarlo al 100% in ogni allenamento e partita, se raggiungeremo questo obiettivo sarà un calciatore veramente devastante”.

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