I più attempati appassionati di calcio ricorderanno sicuramente una celebre frase di un allenatore del passato, tale Sepp Herberger; che ricordava a tutti che la palla era rotonda, la partita dura 90 minuti e tutto il resto è solo teoria.
Herberger non era un allenatore qualunque, era il commissario tecnico della Germania Ovest 1954; quindi il suo pensiero non solo era autorevole, ma fino a pochi anni fa era condiviso dalla maggior parte degli addetti ai lavori.
Questo almeno fino a quando i Big Data non hanno invaso il calcio e sono diventati parte determinante non solo di questo sport; ma anche delle scommesse che vi ruotano attorno.
Basti pensare che da quest’anno Betgenius, colosso che ha già stretto una accordo per la raccolta dati della Serie A, è anche partner Snai; azienda di riferimento del settore scommesse, e la soddisfazione del CEO Schiavolin è palpabile nell’intervista di febbraio riportata da Truffa.net.
Vediamo quindi insieme come i Big Data hanno cambiato il calcio e le scommesse.
L’inversione di tendenza, passando da un calcio fatto di “sentimenti” verso uno frutto dei Big Data può dirsi avvenuta a partire dal 2013; con l’uscita del best-seller The Number Games, libro scritto da due professori universitari, tali Chris Anderson e David Sally. Questo libro ha dimostrato come l’attenta analisi non solo è fondamentale, ma è anche utile a estrapolare i dati giusti, perché “non tutti i numeri sono uguali”.
Ad esempio, non è detto che comprare i calciatori più costosi del mercato equivalga prendere i più forti e automaticamente vincere. Secondo gli studi di Anderson e Sally sul lungo termine offre più garanzia un’attenta crescita del settore giovanile; anziché pagare il fenomeno del momento svariate decine di milioni di euro.
Per carità, non tutte le teorie contenute in The Number Games sono poi sempre suffragate dai fatti; ma il testo è quantomeno servito ad aprire un dibattito sui temi dei Big Data.
La raccolta dei dati, l’avvento di professioni come il match analyst e tutti gli studi legati ai numeri che si nascondono dietro una partita di calcio non hanno solo cambiato le analisi di allenatori, giornalisti sportivi e presidenti di squadre di Serie A. Anche i bookmaker hanno iniziato a usare i Big Data per creare le proprie quote; quindi le analisi degli scommettitori per trovare quelle quote sempre più convenienti su cui puntare diventano sempre più difficili.
Che il mondo dei Big Data potesse rivoluzionare quello delle scommesse era forse anche ovvio. Del resto, cos’è un pronostico? È quell’azione attraverso la quale si prova a indovinare un risultato futuro basandosi su quello che è accaduto in passato. Se “quel passato” può essere letto attraverso i giusti numeri di Big Data, azzeccare il pronostico sarà più semplice.
Questo ovviamente non significa che, pur avendo i giusti numeri, si può azzeccare il risultato di una singola partita di calcio. Con l’ausilio dei Big Data una formazione può capire su quali punti migliorare e in che modo mettersi in campo per ottenere successi. Allo stesso modo, lo scommettitore può sfruttare i Big Data per puntare su risultati a lungo termine, come quale squadra sia destinata a vincere il campionato; mentre avrà sempre bisogno della Dea Bendata per azzeccare gli esiti delle partite della singola domenica.
Gli studi legati ai Big Data, tuttavia, stanno facendo passi da gigante, e con il passare del tempo i dati raccolti aumentano in maniera esponenziale. Maggiore è la quantità di dati su cui basarsi e migliori sono le probabilità di azzeccare un pronostico; anche se poi, come abbiamo visto in precedenza, non tutti i numeri sono uguali. Quindi lo scommettitore dovrebbe anche avere determinate competenze per separare i numeri “giusti” da quelli “sbagliati”.
Il futuro delle scommesse legate ai Big Data è il “simulatore di partite”; ovvero un software all’interno del quale basterà indicare i nomi delle due squadre contendenti e quello, basandosi su tutti i dati legati alle due formazioni, creerà una vera e propria simulazione di gara da cui estrapolerà un vincitore.
Si tratta ovviamente di un futuro remoto, probabilmente nemmeno auspicabile perché se questi software fossero davvero attendibili e azzeccassero realmente la maggior parte dei pronostici, i bookmaker si regolerebbero di conseguenza.
La conclusione, quindi, è che i Big Data non solo possono essere utili per azzeccare un pronostico, ma basarsi sui giusti algoritmi in futuro farà la differenza fra chi vince e chi no.