Andriy Shevchenko compie, oggi, quarantasei anni: il racconto di quella tripletta che l’ha incoronato definitivamente Re

29 settembre, una data cerchiata in rosso sul calendario del Diavolo e che riconduce il “milanismo” a festeggiare l’ascesa di un vero Re: il compleanno di Andriy Shevchenko, indimenticato e indimenticabile numero 7 venuto da est.
Sono tantissimi i ricordi indelebili legati ai gol più importanti di un asso ucraino in grado di sparigliare il mazzo a qualsiasi minuto del match, soprattutto in quei momenti che segnano un’intera stagione, un’intera carriera: il rigore contro la Juventus nella finale dei sogni nel paradiso di Manchester, proprio dove, Sheva, aveva condotto il Diavolo segnando a Toldo nella stracittadina meneghina di una semifinale al cardiopalma; oppure, l’incornata in finale di Supercoppa Europea edizione 2003 contro il Porto, che fece seguito allo splendido pallonetto all’Olimpico del sacco di Roma attuato dal Diavolo in un’altra finale di dell’epopea berlusconiana: quella della Coppa Italia 2002/2003.
175 realizzazioni mai banali, molte delle quali strepitose, per un nome scritto su un pallone placcato d’oro, conseguito da Sheva nel dicembre 2004 per certificare le sue esaltanti campagne nei confini nazionali e internazionali.

Andriy Shevchenko, la tripletta che identifica un Re

Eppure, la tripletta che identifica davvero le stigmate di un Re venuto da lontano per donare gioia ai suoi sudditi, senza esattamente sapere a quali di essi, ebbe luogo in una calda serata di agosto 2004: Milan-Lazio, finale di SuperCoppa italiana tra i rossoneri Campioni d’Italia e i capitolini, vincitori della Coppa Nazionale.
Alla fine dei primi quarantacinque minuti, il Milan aveva già messo una mano sulla coppa: il Re dell’est aveva già dettato legge con una bellissima incornata di testa e una mezza rovesciata di sinistro, indirizzata all’angolino. I secondi quarantacinque minuti continuarono sulla falsa riga dei primi ma, ad incendiare un clima già incandescente sugli spalti di San Siro, ci pensò ancora Sheva: fucilata al volo di destro dal limite dell’area e tripletta personale, con l’impotente Peruzzi costretto a raccogliere, ancora una volta, il pallone in fondo alla rete. Al Meazza è apoteosi: la platea della Scala del Calcio è ai piedi di Sua Maestà, decisivo ancora in una finale, questa volta portandosi direttamente a casa il pallone del match grazie a tre firme d’autore.

Andriy Shevchenko, la tripletta che identifica un Re

Una tripletta iconica per un attaccante perfetto, sublime, implacabile: tre reti stupende, realizzate in tre modalità diverse, per un calciatore che aveva già vinto tanto a Kiev ma che, a Milano, ha vinto davvero tutto. Un centravanti moderno e modello, una persona umile e determinata: la metodicità applicata al calcio. Un Re capace, con le sue gesta, di spodestare “IL fenomeno” brasiliano che navigava sull’altra sponda del Naviglio, imponendo la propria egemonia a Milano per sette lunghi anni, nel segno del numero sette sulle spalle.
Andriy Shevchenko ha posto la sua firma in calce nella storia rossonera: quella
di un Re venuto da lontano, adottato e venerato da tutti quei sudditi che, a distanza di sedici anni dal suo (primo) addio alla città che aveva conquistato in punta di piedi e con le scarpe coi tacchetti, lo esaltano ancora e continuano a tramandare le sue imprese.
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